Storie e curiosità

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Anche Varese ha la sua IGT

I “Ronchi varesini” acquisiscono ufficialmente il riconoscimento
Fu lo scorso anno che vi demmo conto della rinascita del vino di Varese: l'occasione, ricordiamo, fu la presentazione ufficiale della Ronchi Varesini Igt, punto di approdo di un processo avviato alcuni anni prima con il coinvolgimento di Università e istituzioni a vario livello, nonché, punta dell'iceberg, di un silenzioso movimento di rinascita dell'agricoltura nel territorio. Ciò non significa invero che sia sufficiente prendere l'autostrada dei Laghi per ritrovarsi immersi tra teorie di filari che si estendono a perdita d'occhio: i vigneti varesini si trovano infatti solo sapendo dove andarli a cercare e guardandosi intorno con attenzione.
Siamo dunque alla seconda vendemmia che può fregiarsi della Ronchi Varesini Igt, e siamo peraltro ben lieti di aver constatato che, a distanza di un anno, l'inerzia positiva non solo non sia andata scemando ma che sia addirittura aumentata. Sono infatti in crescita sia le quantità di prodotto immesse sul mercato - a occhio e croce tra le 35.000 e le 40.000 bottiglie, sebbene non tutte a Igt - che le aziende con una propria etichetta: in crescita è addirittura la superficie vitata, grazie all'attribuzione da parte della Regione Lombardia di un'aliquota dei diritti di impianto assegnati nell'anno 2006, risibile nei numeri (0,38 ha) ma dal forte valore simbolico poiché sancisce l'aggancio della vitivinicoltura varesina al circuito lombardo che conta.

I giocatori chiave sul territorio, rispetto allo scorso anno, sono aumentati, passando da due a tre: ai già noti Cascina Piano di Angera e Tenuta Tovaglieri di Golasecca si è infatti aggiunta Cascina Ronchetto di Morazzone, appena fuori Varese. Vini particolari quelli varesini, che non soddisferanno chi ricerca grandi concentrazioni e grandi strutture, ma che faranno felici coloro i quali amano cimentarsi con la territorialità: si tratta infatti di vini ottenuti da terreni poveri, molto sciolti e con pH a reazione acida, quindi in assenza assoluta di calcare.


Per rendere l'idea di cosa si produca esattamente facciamo una sorta di inventario: 
Cascina Piano propone il bianco San Quirico - da uve chardonnay e trebbiano -, i rossi Sebuino e Angliano - entrambi a base nebbiolo - e il bianco dolce Mott Carè - ottenuto da uve malvasia e moscato appassite in pianta e sottoposte ad attacco da parte della muffa nobile, una “prima” sicuramente migliorabile ma che regala già suggestioni da autentico muffato di razza -; 
Tenuta Tovaglieri vanta pure un bianco, il Ticinum - quasi tutto da uve chardonnay -, un rosato, il Serpillo, e tre rossi, il curioso e accattivante Merletto - base merlot più brachetto vinificato secco - e i più importanti, ma sempre sostenuti da evidente vena fresca, Monte Tabor e Brugus - entrambi a base nebbiolo -; 
per chiudere, Cascina Ronchetto produce due vini, entrambi rossi, il Pascale - solo Merlot - e il Ronchè - vino affinato in legno che al Merlot affianca il meno noto vitigno Gamaret -. 
Molti vini rossi dunque, il che stona un po' con le richieste della ristorazione lacustre orientate ovviamente verso i vini bianchi.

A chi interessasse assaggiare questi prodotti consigliamo una visita in azienda per toccare con mano una realtà cui questo articolo rende parzialmente giustizia: una buona alternativa che vi consigliamo, però, è una puntata presso un punto vendita che sta cavalcando con decisione la riscossa dei prodotti agroalimentari della provincia di Varese, ed esattamente il Salumificio Colombo di Crosio della Valle. Qui troverete non solo tutte le etichette citate nell'articolo, ma anche prodotti decisamente misconosciuti anche all'interno della stessa provincia come la Formaggella di Luino, le Pesche di Monate.




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