In Valsesia, valle alpina in provincia
di Vercelli, da sempre vengono prodotte delle sottilissime cialde
salate e croccanti dalla forma arrotondata e derivanti della cultura
Walser: le miacce o i miacci.
Di per sé non è un vero e proprio
piatto: è forse solo un ottimo pretesto per bere, possibilmente
accanto al fuoco, un buon bicchiere in compagnia e tirar la notte
alta, tanto che dialettalmente “fare miacci†significa proprio
fare tardi.
Hanno sempre costituito l'alternativa
locale al pane e per cucinarle servono dei ferri appositi: si tratta
di due dischi tenuti insieme da una cerniera ad un capo e con lunghi
manici al capo opposto per aprire i dischi, che ne consentono la
manipolazione senza bruciarsi avvicinandosi al fuoco.
Le miacce sono generalmente consumate
da sole o farcite con formaggio molle, burro, prosciutto, salame e
pancetta, oppure, nella variante dolce, con panna, mirtilli,
confetture, cioccolato fuso e miele.
Ne esistono tre varianti:
i tini, secchi e croccanti, che a
tavola possono sostituire i grissini, e che si fanno stemprando della
farina bianca nel latte e sale, rimestando sino ad ottenere una
pastella ben omogenea e piuttosto lenta; questa, con un mestolino si
fa colare quanto basta su uno dei dischi già caldi ed unti
leggermente con un pezzo di lardo; si chiudono quindi i dischi e
s'accosta al fuoco, voltando e rivoltando per pochi minuti;
la seconda variante è da farcire con
pancetta o formaggio o burro piegandola in due o in quattro, la
pastella viene fatta con latte, un poco d'olio, un rosso d'uovo, sale
e farina bianca.
infine vi è la miaccia dolce: latte,
panna, zucchero o miele, polvere di cacao e farina bianca.
Le miacce sono prodotte in tutti i
comuni della Valsesia esclusivamente a livello domestico, in quanto
non vengono vendute nelle panetterie né in locali appositi.
Si possono assaggiare durante le feste
tradizionali, quando, in occasione delle sagre, vengono preparate in
piazza per la degustazione.
Solo alcuni ristoranti le prevedono nel
menù tradizionale.